Dialogo con il lettore

Come nasce L’Archeobike? Come è nata questa idea?

E’ una domanda difficile per dare una semplice risposta. In molti me lo chiedono e ad ognuno ho dato una versione diversa poiché, alla base di moltitudini coincidenze, e una definizione unica e precisa non la si può dare. Posso presumere o soltanto ipotizzare tutte le cause che hanno fatto scattare in me la famosa “molla”, al primo “richiamo della foresta”. Io ho vissuto la mia vita in un territorio di grande prestigio, di antica cultura, e vivo tuttora nella terra dei miei avi, nella terra degli Etruschi, laddove Tarquinia ne fa da padrona, essendo stata la prima la madre delle città etrusche. A prescindere da questo, nella mia adolescenza di ragazzo spensierato nei “mitici anni 60” ho iniziato, come tutti del resto, nel gioco del pallone, convertito poi quasi subito alla bicicletta, sicuramente più indicata alle mie condizioni fisiche. E la bici è rimasta sempre la mia più grande passione. Ricordo ancora le corse su strada nei sudati traguardi di interminabili salite con una bevuta nella boraccia, e mio padre che mi affiancava e correva più veloce di me gridando nelle mie orecchie “Dai! Dai che è finita! Lassù c’è il traguardo!”. Alla fine un abbraccio, un pianto felice.

In certe giornate mia madre mi portava a cercare i funghi, i “ferlenghi”, tipici del territorio tarquinese che crescono proprio alla “Civita”, zona archeologica. Anche loro fanno parte integrante della tradizione culturale paesana. Non fate caso alle centiania di persone che vagano incurvate verso il basso, cercando il frutto delizioso della terra, per poi vantarsi ai loro compaesani della ritrovata “Cacciata della posta” – ritrovamento abbondante dei funghi nel posto preferito.

I “ferlenghi” (della famiglia di Pleurotous Eringi) crescono indisturbati tra le antiche vestigia della Tarquinia etrusca, all’ombra delle ferle: pianta ad ombrellifera (simile al finocchio selvatico) di cui le radici creano nel sotto suolo la muffa e cosi il fungo.

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